Stevulin e Majutin 2020

Stevulin e Majutin 2020

È giunta l’ora di svelare l’identità dei due giovani che impersoneranno i Personaggi principali del Carnevale Storico 2020…
Dopo attenta analisi delle coppie in lizza, la Direzione ha deciso in forma unanime che Majutin dal Pampardù sarà Susanna Gallo, ventisettenne “santhiatese doc”, laureata in Scienze Biologiche e che sta studiando per conseguire la laurea magistrale in Biologia.
Una sua grande passione è la musica: infatti è legata alla Banda musicale cittadina dal 2006, dapprima come Majorettes, poi come strumentista (suona il clarinetto). E poi c’è la grande passione per il Carnevale, che è nata sin da quando era piccolissima: “Ho iniziato a sfilare nei minigruppi dall’età di 3 anni, per poi passare nel gruppo fondato dai miei genitori e dai loro amici: i Pistafum”.
Susanna non esita a dire: “Negli anni sono entrata sempre più nel cuore del Carnevale, dal primo rullare dei tamburi all’Epifania, alle pule e congreghe, comprese le levatacce per assistere all’accensione dei fuochi della Fagiuolata, non perdendomi un attimo di questa magnifica festa. A coronamento di questo percorso è arrivata la scelta della Direzione che mi ha riempita di gioia, e così io e il mio Stevulin cercheremo di portare gioia e allegria, consapevoli che impersonare le Maschere sarà una grande responsabilità… Ma con il sostegno di tutti siamo sicuri che sarà un gran Carvè”.
Stevulin dla Plisera sarà Dario Callegari, 34 anni, amministratore in una azienda che segue la comunicazione e il marketing di grandi gruppi industriali. Ama il proprio lavoro ed è un ragazzo molto dinamico, a cui piace tantissimo fare sport: gioca a pallavolo da 28 anni, va in bicicletta, scia e ama le attività all'aperto. Dopo anni è tornato a vestire i panni della Pallavolo Santhià con un progetto ben preciso che va oltre alle prestazioni in campo. Infatti, usando la sua professionalità, le ha dato un volto nuovo, curando comunicazione e immagine complessiva della società. Ed è soddisfatto dei risultati ottenuti, visto che tantissimi giovani sono venuti a giocare per la nostra città e la palestra del Pellico è ritornata ad affollarsi durante le partite.
Dario dichiara: “Adoro fare festa e stare in buona compagnia. Quindi, quando Susanna mi ha chiesto di candidarci ad impersonare le Maschere ufficiali, subito ho acconsentito con grande entusiasmo, e quando siamo stati scelti siamo impazziti di felicità! Essere parte importante del Carnevale di Santhià per me è qualcosa di speciale, perché mi ricorda quando sfilavo con il gruppo dei Bosa insieme ai miei amici. Anche se non ho più avuto molte occasioni di sfilare, ho sempre seguito tutti i Carnevali, osservando sempre con curiosità le Maschere e tutto l'immenso entourage che rende questa festa una delle più belle e antiche manifestazioni d’Italia. Fare lo Stevulin è un modo per legarmi ulteriormente alla mia Santhià, che, anche se ha tanti problemi, rimane sempre il luogo dove sono cresciuto. Per questo mi piace dare un piccolo contributo alla comunità, per mantenere viva questa magnifica tradizione”.
 
 
Cenni Maschere
 
 
 
Le maschere attuali del nostro carnevale sono relativamente recenti, almeno se si considera il contesto storico secolare in cui si svolge. Vennero infatti create nel 1929, a somiglianza delle maschere torinesi Gianduja e Giacometta.
Prima di tale data non si sentiva la necessità di avere due specifiche maschere locali, in quanto gli Abbà, da secoli, con i loro abiti sgargianti, rappresentavano direttamente le diverse autorità carnevalesche. Le maschere furono quindi create, a Santhià come in molti altri centri piemontesi, per dare una ventata di freschezza e far rivivere antiche tradizioni, come i fasti dell’antica Badia. Nel 1934 si fece strada l’esigenza di identificare le maschere con concrete figure umane, per cui si pensò a due giovani provenienti dalla nostra campagna, e precisamente da due cascine con terreni non propriamente ricchi: Majutin arrivava dal Pampardù (“Panperduto”, in italiano), una cascina posta nel punto più alto del territorio comunale, mentre Stevulin abitava alla cascina Plisera (“Pellizzera”, in italiano), non lontano dal confine con Tronzano. Stevulin è il classico contadino furbo, coraggioso, il classico “scarpa grossa e cervello fino”, pronto a denunciare e condannare le storture, gli abusi e il malvezzo locale; Majutin invece è la regina della casa, obbediente e sottomessa, umile e modesta.
Sebbene le due maschere vengono impersonificate nel Novecento, le “vicende” attorno alle quali ruota la loro storia sono ambientate in epoca medievale: la leggenda narra infatti che i due giovani, volendo contrarre matrimonio, avrebbero dovuto sottostare alle richieste di “jus primae noctis” del signorotto locale, che pretendeva il pagamento di una tassa per consentire lo stesso[1].
Questo sopruso scatenò la ribellione di Stevulin che, con l'appoggio del popolo, organizzò la rivolta e, una volta sconfitto il tiranno, preparò il proprio viaggio di nozze a Santhià con Majutin, ottenendo di poter festeggiare con tre giorni di baldoria, con balli e mangiate offerte a tutto il popolo. Evidentemente si tratta di una ricostruzione, peraltro abbastanza diffusa, essendo la trama della vicenda piuttosto generalizzabile[2]
Ora Majutin e Stevulin sono diventati i beniamini del Carnevale Storico di Santhià e i giovani fanno a gara per avere l’onore di impersonificarli. 


[1] È ormai acclarato dagli storici che lo ius primae noctis non ha nulla a che fare con “pretese” di tipo sessuale. Piuttosto, visto che i vari aspetti della vita dei contadini dei secoli passati erano spesso condizionati dal legame con la terra che coltivavano e, quindi, con il feudatario che possedeva i campi, è ragionevole pensare che anche per contrarre  matrimonio fosse necessario chiederne l'autorizzazione e versare un tributo. Secondo la studiosa Régine Pernoud, nel corso del X secolo si istituì l'uso di reclamare un'indennità pecuniaria dal servo che, sposandosi, lasciava il proprio feudo per trasferirsi in un altro. Il "diritto signorile" era pertanto di natura prettamente economica. Molto più difficile credere che vi siano stati casi in cui la richiesta fosse da interpretare “in senso letterale”. In ogni caso non si può parlare dello ius primae noctis come di un fenomeno generalizzato del diritto medievale. Oltre all'assenza di riferimenti legislativi ufficiali civili o ecclesiastici, va notato come nel Medioevo vi furono numerose rivolte dei contadini in occasione delle quali venivano redatte in forma scritta richieste e lamentele dei rivoltosi (vedi, per esempio i dodici articoli della guerra dei contadini del 1525). In questi testi non si trovano mai accenni allo ius primae noctis, né a soprusi sessuali d'altro genere.
[2] La leggenda non è dissimile a quella ambientata a Ivrea, ai tempi di Re Arduino. Qui regnava un signorotto di Vercelli che amministrava la città con grandi soprusi, facendosi odiare da tutto il suo popolo.